Ogni momento, una rivoluzione

Autodifesa significa esistenza. Senza di essa non possiamo sopravvivere, non possiamo essere. Per comprendere l’autodifesa dobbiamo sapere: cosa intendiamo con “auto”? Cosa intendiamo con “difesa”?


Traduzione da Every moment, a revolution (3 maggio 2020)

Sull’autodifesa

Autodifesa significa esistenza. Senza di essa non possiamo sopravvivere, non possiamo essere. Per comprendere l’autodifesa dobbiamo sapere: cosa intendiamo con “auto”? Cosa intendiamo con “difesa”?

Il sé ha una base universale, come parte di un tutto, dell’intero universo. Se il sé, nella comprensione, nel sentire, include soltanto il mondo proprio di ciascuno, allora le azioni sono scollegate, riguardanti solo la sopravvivenza della vita propria di uno. In questo modo, la società non può essere, perché per svilupparla c’è bisogno che noi siamo connessi. La società ha bisogno di creare una mentalità e un cuore comuni, che siano diversi e pieni di molti, come il mondo di cui si circonda, che continua a crescere e ad arricchirsi, a comprendersi. Più in piccolo si pensa e si sente il sé, più distante questo sé sarà dal mondo, dalla vita, più distante sarà dalla difesa che intende costruire una società etica, significativa e amorevole. Perciò questo sé deve esistere con rispetto e significato, connesso al mondo in cui cresce. È anche un “noi”, che è anche un noi notevole e universale.

Non siamo soli, perché nessuno è un’unità isolata. Io, il sé, noi, siamo fatti delle stesse strutture e influenze sociali, religiose, culturali, famigliari e storiche che hanno costruito altri sé, ma con combinazioni differenti. Queste combinazioni rendono unico ciascuno di noi, ma sono anche ciò che ci connette insieme. Farci forza dai nostri diversi contesti significa dare una solida base a questa identità comune. Perché c’è bisogno della forza e della diversità di molti per difendere il mondo e le diverse società e realtà che lo compongono. Chi è questo “sé”? Una persona? L’universo? “Io”? “Noi”? Chi è “me”? Cosa è “noi”? Come impariamo a diventare “me”? Come portiamo insieme “me” e “noi”? È importante chiedere, indagare ed esplorare l’intero quadro, trovare la profondità e le connessioni che compongono un sé creativo, amorevole e significativo.

Difendere è un atto di costruzione delle strutture e dei ponti tra gli umani, la natura e l’esistenza. Così che tutte le parti si completino l’un l’altra nel tutto. Un sé connesso difende un mondo con un significato più vasto, dando significato a tutto in questa interezza. Perché “difendere” è creare tenendo in considerazione questa interezza, che è un flusso ininterrotto, in cambiamento. Una “difesa” individualistica e centrata sull’ego distruggerà il tessuto che tiene insieme la base della vita e della libertà. Tale “autodifesa” è una falsa difesa, un sé che distrugge la sua connessione con sé stesso e con la vita. Oggi perlopiù connettiamo il significato di “difendere qualcosa” con un atto violento contro qualcuno. Così, diventa vincere e dominare, distruggere la minaccia con l’obiettivo della sopravvivenza. Ma con questo approccio di “vincere o perdere”, il paradigma di “loro e noi”, la filosofia della separazione, creiamo una mentalità di opposizione. Con questa definizione e gli atti quotidiani, impari a vedere e sentire il mondo come un luogo ostile. Puoi avere una vita sicura solo se distruggi o controlli tutte le minacce possibili. È una “difesa” che giustifica gli attacchi contro il mondo in cui viviamo. Uccidere e distruggere nel nome della “vita”.

Cosa impariamo da ciò? Cosa ci dice? Gli occhi e il cuore attraverso cui guardiamo, sentiamo e amiamo noi stessi e il nostro mondo decidono come ci muoveremo attraverso la vita. Decidono cosa creiamo, nei sentimenti, nell’energia, nei sogni o negli incubi o in nessun sogno…siamo davvero quel sé individuale, unico, che non è un risultato di tutta la storia umana? O siamo l’eredità dei nostri antenati? Siamo la versione migliore di loro? Stiamo facendo di più? Stiamo diventando migliori esseri umani attraverso la conoscenza e l’esperienza? Tutti i tuoi atti hanno sempre un impatto e non importa quanto piccolo sia. Stiamo funzionando meglio con la logica moderna? Crediamo? Nel pensare, nel sentire? Crediamo? In qualcosa? In noi? Negli altri? Perché è importante capire cosa e dove siamo e perché? In cosa e perché dobbiamo cambiare la mentalità e le emozioni di separazione, disconnessione e ostilità? Fa differenza se ci vediamo come vivida parte del mondo, delle sue meraviglie e della sua esistenza…o no? Quanto è facile cambiare la conoscenza già profondamente applicata e basata sulla paura? Cosa comporta diventare te stesso? Come impariamo a diventare parte di una comunanza? Come impariamo a comprendere il “noi” comune non solo come una costruzione solamente umana? Come impariamo a diventare qualcosa? Come abbiamo imparato a diventare “noi”? Possiamo diventare noi stessi senza l’intero “noi” comune?

Dove iniziamo? Dove inizia il nostro viaggio? Il nostro viaggio inizia prima della nostra nascita. Il nostro viaggio, qualsiasi genere abbiamo, è il viaggio delle donne attraverso la storia. È la storia della rottura di un equilibrio tra umani, tra generi, tra tutti i viventi, che ha creato gerarchie tra chi ha “il diritto alla vita e chi non lo ha”. Tutto ciò che accogliamo, tutti i sentimenti, le impressioni, i pensieri, sono parte della storia di questa rottura, di nostra madre, di sua madre, di innumerevoli madri prima di essa, innumerevoli donne prima di loro. Sentiamo ciò che non ci viene raccontato, non spiegato. Sentiamo la storia delle donne, attraverso migliaia di anni. Non filtrata e in crescita nel grembo, la realtà di questi sentimenti ci crea. La vita di una donna. Là, nel tiepido nido che conforta, in nostra madre, impariamo prima di tutto ciò che lei sente, ciò che lei ha imparato; di lei, del mondo, del senso della vita e di come tutto ciò è connesso a lei come donna, determinando il suo posto in questa vita. Ciò che sente quando pensa a noi, sentiamo se siamo voluti o no, sentiamo i dubbi, l’incertezza, l’impotenza. Sentiamo quanta sicurezza c’è, quanta ne ha nel futuro in cui crede, vede per sé e in noi con noi. Ama? È amata? Rispettata? Ha fiducia? Meno c’è di tutto questo, più è insicura. Non siamo una copia esatta di nostra madre, ma lei ci mostra prima di tutto attraverso le sue emozioni in che tipo di mondo, in che tipo di realtà noi giungiamo. Questo potrebbe significare sentire se sei benvenuta come ragazza, o no. Sentire che la tua esistenza è limitata a tutte le regole fatte per te. Crescere con ciò ogni passo della vita, per primo imparare questo. Tutto ciò che segue, cosa ci insegnano famiglia, amici, società sul nostro ruolo, approfondirà ciò che abbiamo imparato così presto. Molti fattori saranno coinvolti nell’influenzare noi, le nostre motivazioni e decisioni, le nostre vie.

Quanti di essi impareremo a vedere come un destino? Quali ci faranno negare noi stessi? Vergogna, paura, punizione, costante osservazione da parte di Dio, delle tradizioni, della famiglia, del Sé, che ha imparato a osservare e ignorare se stesso secondo questa realtà. E con questo bagaglio ci chiediamo ancora: in cosa impariamo a credere? Chi e cosa ha il diritto alla vita? Il “diritto alla vita”? In cosa stiamo sperando e per cosa stiamo vivendo? Per rispettare e amare la vita e l’esistenza? Perché e fino a dove? Fa alcuna differenza?

Comprendere quali valori abbiamo perso, e quali sono i risultati di ciò, è l’inizio della difesa…autodifesa. Abbiamo bisogno di ricreare e riportare questi valori nella nostra vita comune. Capire da dove arriva il modo di pensare e sentire basato sulla separazione, in quale paura, pregiudizio e rifiuto è radicato, perché alcuni sono visti come più importanti di altri…questo ci condurrà attraverso questa storia di scismi e costante distruzione. Ma anche, ci porterà attraverso una storia nascosta di resistenza e difesa di un altro approccio, differente dall’uccidere tutti quelli che non si piegano o adeguano. Molto tempo fa, i valori dell’esistenza erano protetti dalle madri. I problemi più piccoli della società avevano soluzioni comuni mediate dai ruoli matriarcali, che portavano la profondità di un’umanità che è parte di tutta l’esistenza. Erano i pilastri della vita, della vita comunitaria, e la più grande forma di autodifesa. L’autodifesa, che è stata definita dagli atti di creare e costruire, connettere e amare, nutrire e curare. Era il tempo della Dea Madre, nostra Madre Natura. Era difesa da tutti ed era quella che difendeva tutto. Le società le diedero un significato, lei portò i suoi valori nella vita quotidiana, condividere e prendersi cura, per il comune tutto. Con la sua guida, le società si protessero con legami solidi e una comune comprensione della loro stessa esistenza, una vita in libertà radicata nel loro stare insieme.

Circa 5000 anni fa, giunse la fine dell’era Neolitica. Gli umani stavano imparando velocemente, sviluppandosi sempre in direzioni differenti. Ciò che comprendiamo dalla storia è che, intorno a quel periodo, una mentalità dominante iniziò a diffondersi e a creare un nuovo concetto del sé. Separò gli umani in categorie. Creò gerarchie basate sul comando di una mentalità maschile dominante, che cambiò l’intera comprensione dell’essere umano all’interno del mondo. Costruì differenze basate sull’oppressione dell’altro, considerando la libertà come una forma di preservazione dei beni materiali e delle conoscenze individualistiche. Aprendo crepe tra le persone. Bruciando i ponti. Bruciando le donne. Bruciando le radici e la conoscenza. Così che oggi noi ci troviamo nel XXI secolo, lontani da questo mondo di madri che guidano. Il cemento spinge le nostre anime verso il suo freddo corpo. Non sentiamo, i nostri cuori non sono giunti a capire o apprezzare la profondità accogliente di questa vastità e incontenibile diversità. La fiducia primitiva ha dato spazio ad una distruttiva irrequietezza che calcola, pesa, chiede profitti, per sé, per oggi, senza riguardo alle risorse, senza gratitudine per la vita. Le storie che sentiamo oggi ci dipingono come la più sublime di tutte le creature, simile alla divinità, e che possiede tutto. Non siamo più parte del tutto, non siamo mai stati dello stesso materiale, valiamo di più, differenti e così originali che la creazione deve inchinarsi a noi, e non il contrario. Il nostro dovere è controllare, dominare, perché la natura è ostile e deve essere conquistata, perché è contro di noi. Il patriarcato e la dominazione al massimo grado. Schiavizzò esseri viventi dando loro il potere di vedersi più importanti delle donne, della natura e di chiunque non sia considerato forte e potente. Metodi di oppressione condivisi, per opprimere in un modo più brillante. Lascia che gli schiavi si sentano liberi, schiavizzandosi l’un l’altro volontariamente per ottenere una parte del potere distruttivo. Tutti sembrano sapere, molte persone lo sentono, ma come uscire da questo circolo di desideri distruttivi? E…vogliamo davvero uscirne?

Siamo le generazioni che sono in grado di vedere, sentire, vivere i risultati estremi di questa mentalità cambiata migliaia di anni fa. E quando ricerchiamo, troviamo le tracce della resistenza, della ribellione, della bellezza del non accettare la distruzione e lo sfruttamento intorno e all’interno di noi. Che è, da allora di continuo, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo…una costante lotta. È una guerra di mentalità. L’obiettivo di questa guerra è divorare la fede che abbiamo nella nostra forza comune. Per difendere noi stessi dentro il sé comunitario abbiamo bisogno di organizzarci con un’altra mentalità, lontano dal patriarcato e della dominazione. Ma c’è anche una ferita all’interno di tutti noi. Siamo pronti a combattere, a difendere, a dare tutto…ma la mentalità contro cui stiamo combattendo vive profondamente dentro le nostre anime e i nostri cuori. Se non ci poniamo domande da un’altra angolazione, otterremo soltanto risposte logiche e misurabili, fredde e senza vita. Se non analizziamo con i nostri occhi, non saremo in grado di credere nel cambiamento di questa mentalità spaventosa. Non osiamo fare ciò che è necessario fare. Dobbiamo rimparare l’amore. Le nostre azioni possono essere una resistenza violenta, capaci di colpire gli oppressori fisicamente ed economicamente, molto duramente, capaci di uccidere i nostri aguzzini, capaci di fare un salto di potere all’interno della costruzione statale. Ma stiamo ricreando la loro mentalità con le nostre azioni. Perché la violenza usata con quell’approccio è un attacco contro tutti gli esseri viventi. Sta rispondendo alla distruzione con la distruzione.

Quindi, se la risposta alla distruzione è l’amore, allora dovremmo chiederci cosa significa l’amore. O, prima di tutto, osservare ciò che non è. Non dovremmo confonderlo con questa mentalità ed emozioni di possesso, distruzione e sessualizzazione, che sono molto comuni quando “amiamo” nelle società di oggi. Dobbiamo tornare indietro a come siamo cresciuti e a cosa ci è stato insegnato su di noi (in io e noi) e sulla vita. L’“amore” che vediamo e sentiamo oggi è principalmente la ragione per cui le persone hanno paura e sfiducia l’una dell’altra, come risultato della stessa mentalità che ci lascia possedere il mondo o un animale, o qualsiasi cosa. Succhiare e sputare le nostre aspettative sugli “amati”, nella corsa a sentire qualcosa di positivo. Si basa sul possedere i cuori, le anime, possedere e controllare l’intera vita, perché solo allora è reale e speciale, perché “amore” può essere soltanto qualcosa di speciale ed esclusivo. In molte famiglie, in tutto il mondo, le persone si stanno uccidendo tra loro, opprimendo, stuprando, aggredendo, colpendo, nel nome di questo “amore”. Soprattutto le donne sono l’obiettivo di questo “amore”. Ci sta uccidendo. Ma è l’espressione molto profonda del disprezzo e del non amare niente. È paura e dolore, che crea soltanto più paura e più dolore. Con questo “amore”, rimarremo incastrati dentro questa realtà individualistica e separatistica che sentiamo intorno a noi.

L’amore può crescere e vivere soltanto attraverso la comunanza. All’interno della libertà di crescere, imparare emozionalmente e mentalmente come sentirsi connessi e amati per chi si è. È questione di imparare a sentire e pensare in un modo diverso, apprezzare i miracoli e le questioni della vita, amare le differenze e le similitudini. È questione di valori e dei loro confini. È questione di responsabilità, di prendersi cura per via dell’amore e non della paura. È questione di libertà, che significa creare una vita libera. Questa vita libera non può dipendere da una collocazione, da un tipo di persona o di essere. La libertà è per tutti e tutto, perché l’esistenza di un sé individuale, di una società individuale, perfino di un singolo pensiero o sentimento, non esiste, è parte di un tutto. La libertà è amore e l’amore è responsabilità e connessione comune. È organizzare la vita insieme con amore. Non possiamo aspettare un momento perfetto di amore, dobbiamo crearlo ogni giorno, ancora e ancora, creare amore e speranza dentro ogni momento. Organizzando il nostro amore, che non ha priorità a parte crescere ovunque, possiamo scoprire che è una fonte primaria di liberazione.

Qualsiasi cosa facciamo ha un impatto. Rappresenta una mentalità. Rappresenta quanto valutiamo chi siamo, da chi siamo circondati, cosa stiamo vivendo, quanto amiamo, tutto, sempre. Quando parliamo del momento quantico, allora parliamo della magia creativa di essere nel momento, in ogni momento. Essere un* rivoluzionari* nell’“ora”. Comprendiamo le dinamiche del cambiamento come uno stato di rivoluzione costante.

Ez rojê 40 caran şoreş çêdikim (Reber Apo)
(Ogni giorno faccio 40 rivoluzioni)

Se non combattiamo con questo approccio, tutto ciò che creiamo sarà un ripetersi di una mentalità distruttiva, che ci ha già insegnato così tanta sfiducia, frustrazione, odio e paura, portandoci nel mondo in cui siamo. Non possediamo questo mondo, siamo parte di esso. I nostri atti di difesa dovrebbero controbilanciare la storia di oppressione con dignità e speranza l’uno nell’altro, con l’amore della libertà, della vita e di tutto il nostro mondo. La nostra esistenza non può essere al di sopra della società. Società, organizzazione e amore sono i modi più efficaci e basilari di autodifesa. È questa eredità che stiamo difendendo. Il calore del fuoco che ha tenuto in vita lo spirito della società. Da migliaia di anni, tenuto nella società attraverso le matriarche. Tenuto in vita e forte fino ad oggi ad ogni piccolo passo, in ogni decisione di lottare contro questa mentalità tossica di separazione e odio. Il percorso verso una rivoluzione delle donne in tutto il mondo sta riportando l’autodifesa comunitaria, che libererà l’intera società.
Dobbiamo difendere. Noi stesse. Insieme.