Le donne insorgono per Afrin (WomenRiseUpForAfrin) e cresce la resistenza!

La nostra città di Efrîn diventa famosa nel mondo a partire dai selvaggi attacchi dell’esercito turco e dei suoi alleati jihadisti. E diventa famosa con la resistenza del suo popolo contro l’occupazione fascista. Efrîn è diventata il simbolo delle donne e della rivoluzione dei popoli, il simbolo di una democrazia multiculturale. Dall’inizio della storia umana, Efrîn e la sua natura giocarono un ruolo centrale nello sviluppo delle virtù umane promosse dalle donne, come l’agricoltura, la vita sociale e la solidarietà. La prima rivoluzione delle donne ebbe luogo in questa terra.

L’imposizione dell’oppressione maschile portò alla prima rottura di genere, che si è manifestata nel corpo, nella cultura e nell’esistenza della donna e della società. Il suolo e i valori delle dee-madri Taratha e Ishtar sono stati saccheggiati e occupati. Allo stesso modo, oggi assistiamo all’oppressione dell’uomo e all’occupazione militare, che mirano alla sottomissione delle donne, della società e della natura imponendo la loro cultura dello stupro, assimilazione e schiavizzazione. Ma la resistenza delle donne e della società non potrà mai essere distrutta.

Durante la rivoluzione in Rojava le donne si sono sollevate contro questo sistema di atrocità. Con la loro resistenza contro la coercizione degli Stati-nazione e i massacri commessi dai gruppi jihadisti come Daesh e Al-Nusra, passo dopo passo sul territorio del Nord della Siria, la terra delle dee-madri Taratha, Atargatis e Ishtar, è stata difesa e liberata dall’occupazione. Dal 2011 le donne hanno svolto una funzione guida nella creazione del sistema Democratico ed Ecologico, Auto-Governato e della liberazione delle donne. Il sistema è stato abbracciato da tutti i differenti popoli del Nord della Siria negli ultimi anni. La rivoluzione delle donne e della società del Rojava sprigiona speranza e diventa un esempio per le donne e i popoli di
tutto il mondo.

Con l’obiettivo di difendere questa speranza, di una vita in libertà contro l’aggressione, donne di tante differenti parti del mondo sono arrivate in Rojava, come le combattenti YPJ Hêlîn Qereçox (Anna Campbell) dall’Inghilterra e la compagna Lêgerîn Çiya (Alina Sanchez) dall’Argentina. Con amore e
fiducia profondi queste donne hanno dato la loro vita per difendere Efrîn e la seconda rivoluzione delle donne.
Il 20 gennaio 2018, l’attacco genocida dei fascisti dello Stato turco e dei suoi gruppi jihadisti è partito contro il cantone di Efrîn. Questi attacchi continuano fino a oggi, con tutta la loro ferocia. Centinaia di persone – donne, uomini, bambini e anziani – sono rimaste ferite e uccise durante i bombardamenti dei nostri villaggi e delle nostre città. Case, scuole, ospedali, infrastrutture dell’acqua, il Meydanke damm, campi, luoghi sacri e siti storici sono stati danneggiati e abbattuti dagli attacchi dell’esercito turco. Gli occupanti hanno saccheggiato le nostre case e le nostre terre. Tutti i tipi di tortura, assassinio, stupro e assimilazione sono stati imposti contro le donne e la società. Con la loro politica e lo scambio di armi, gli Stati europei, la Russia e gli USA hanno supportato le aggressioni dello Stato turco. Specialmente con l’alleanza russa, il regime fascista turco è in grado di portare avanti l’esecuzione del massacro ad Efrîn.
Con il loro silenzio le istituzioni interstatali come l’ONU e l’UE, hanno di fatto approvato dei crimini contro l’umanità. Come donne di Efrîn condanniamo le sporche politiche e le alleanze delle forze statali, e non dimenticheremo mai!

Con la minaccia di un genocidio su larga scala, il 18 marzo, insieme a circa 200.000 abitanti di Efrîn, abbiamo capito di essere obbligate e obbligati a lasciare la nostra terra. Da quel momento viviamo in condizioni difficili, senza aiuti o protezioni da parte delle istituzioni internazionali.
Siamo determinate e determinati a rilanciare la nostra resistenza e la nostra lotta finché avremo liberato la nostra Efrîn dall’occupazione fascista e dall’imposizione dello Stato turco.
Con questo intento annunciamo la seconda campagna “Woman Rise Up For Afrin”.
A margine della prima fase della campagna, attraverso la nostra resistenza e le azioni delle donne in tutto il mondo, la verità sul sistema istituzionale d’oppressione dal carattere fascista dello Stato turco e della sua occupazione è stato rivelato. Sotto lo slogan “Woman Rise Up For Afrin” in diversi paesi e luoghi nel mondo le donne hanno organizzato proteste, dipingendo i muri, fotografando, con il teatro di strada e altre azioni creative. Ma adesso è necessario raccogliere tutte le nostre forze per la liberazione di Efrîn e in difesa della rivoluzione delle donne, per combattere e vincere. Dobbiamo creare pressione tanto verso le istituzioni internazionali quanto verso gli Stati, perché queste istituzioni assumano le loro responsabilità nel contesto dei diritti universali, per fermare l’attacco genocida della cultura, del popolo e delle donne di Efrîn.

I nostri obiettivi e richieste:
– L’Organizzazione delle Nazione Unite, le istituzioni internazionali e le organizzazioni per i
Diritti Umani, devono assumersi le proprie responsabilità per garantire la sicurezza e i bisogni
umani al popolo di Efrîn!
– L’occupazione dello Stato turco deve finire. Il popolo di Efrîn deve tornare nella propria terra, la
liberazione dell’occupazione dev’essere protetta e garantita dalla comunità internazionale!
– Tutti i soggetti responsabili d’aver perpetrato crimini contro l’umanità contro la popolazione di
Efrîn come l’occupazione, lo stupro, l’omicidio, il saccheggio e il femminicidio devono essere
condannati per i loro crimini da una corte internazionale!
Ci appelliamo a tutte le nostre sorelle e compagne, a tutte le donne del mondo:
– Donne, insorgiamo – insieme porteremo avanti la nostra resistenza per la liberazione di Efrîn e la
vittoria della rivoluzione delle donne!
– Contro il femminicidio, costruiamo l’unione delle donne e sprigioniamo la rivoluzione delle
donne ovunque!
– Ovunque Efrîn – Ovunque Resistenza!

#WomenRiseUpForEfrîn
#StopTurkishFeminicideInEfrîn
Kongra Star Efrîn
8 April 2018

Alle donne del mondo: trasformiamo il XXI secolo nell’era della libertà delle donne!

Dalle montagne del Kurdistan, nelle terre dove la società si è sviluppata con la guida delle donne, vi salutiamo con la nostra grande libertà, passione, ambizione e lotta indissolubile. Dai quartieri del Rojava alle foreste del Sud America, dalle strade europee alle pianure dell’Africa, dalle valli del Medio Oriente alle piazze del Nord America, dalle montagne dell’Asia agli altipiani australiani; con il nostro amore che non conosce confini e con i nostri sentimenti più rivoluzionari, abbracciamo tutte le donne che rafforzano la lotta per la libertà e l’uguaglianza.

In occasione dell’8 marzo 2018, Giornata internazionale della lotta per le donne, commemoriamo tutte le donne che hanno dato la vita nella ricerca della libertà, nella resistenza contro la schiavitù, lo sfruttamento e l’occupazione. Da Rosa Luxemburg a Sakine Cansız, da Kittur Rani Chennamma a Berta Caceres, da Ella Baker a Henan da Raqqa, da Djamila Bouhired, alla palestinese Sana’a Mehaidli a Nadia Anjuman, siamo sempre grate alle immortali guerriere della lotta di liberazione delle donne.

La loro luce squarcia l’oscurità che ci è stata imposta. Sul sentiero che hanno illuminato davanti a noi, marciamo verso la libertà. Insieme a loro, commemoriamo tutte le donne che sono state assassinate nel corso di un regime patriarcale di cinquemila anni, attraverso ogni sorta di violenza maschile, guerre, terrore di Stato, occupazioni coloniali, poteri mascherati religiosamente, bande di uomini, mariti e cosiddetti amanti.
È il loro ricordo che spinge la nostra incrollabile determinazione a porre fine al femminicidio, la più antica guerra del mondo.
Care donne, compagne, sorelle, siamo nel bel mezzo di un processo di trasformazione epocale.

Il sistema patriarcale, coetaneo della civiltà statalista, sta attraversando una profonda crisi strutturale. Come donne, dobbiamo diagnosticare questa crisi sistemica con le sue cause e conseguenze, stabilire analisi forti e sviluppare prospettive che accelerino la nostra lotta. Perché, se la crisi strutturale del sistema costituisce una grande minaccia per le donne di tutto il mondo, offre anche opportunità per affermare la libertà delle donne. Opportunità che forse si presenta solo una volta ogni secolo.
Possiamo trasformare il 21° secolo nell’era della liberazione delle donne! E non è un sogno o un’utopia. È una realtà. Ma affinché si realizzi dobbiamo creare un programma di liberazione delle donne per il XXI secolo.
Per questo, dobbiamo prima di tutto cogliere pienamente, nella loro interezza, le contraddizioni e le caratteristiche fondamentali dell’epoca in cui viviamo. Quali possibilità e quali rischi queste contraddizioni e caratteristiche costituiscono dal punto di vista della liberazione delle donne? Che
tipo di responsabilità dobbiamo assumere in questo senso, come organizzazioni e movimenti globali delle donne?

Nel XXI secolo il sistema mondiale è entrato in una profonda crisi, tanto che si parla di “nuovo
ordine del mondo”. Cercando di riorganizzarsi per uscire dalla crisi, la modernità capitalista per prima cosa tentò di applicare questo nuovo ordine in Medio Oriente sotto il nome di “Grande progetto per il Medio Oriente”. Ebbene, denominiamo il processo iniziato con gli interventi in Afghanistan e in Iraq, proseguito con la primavera araba in Nord Africa e intensificato negli ultimi anni in Siria, Iraq e Kurdistan, “terza guerra mondiale”. Mentre i regimi dello Stato-nazione in Medio Oriente, creati dagli Stati occidentali cento anni fa per riprodurre il caos e la crisi in modo permanente, cercano di proteggere lo status quo, le potenze straniere tentano di dividere nuovamente la regione.

Nominare l’attuale periodo in Medio Oriente “terza guerra mondiale” non è solo un tentativo di sottolineare il coinvolgimento delle potenze internazionali. Oltre a ciò, è chiaro che la ricostruzione della modernità capitalista in Medio Oriente avrà conseguenze su scala globale. Il sistema mondiale contemporaneo o la modernità capitalista non è un fenomeno degli ultimi 500 anni. Il suo seme ha messo radici nella forma del primo Stato risalente a 5000 anni fa in Mesopotamia e da allora ha subìto diverse trasformazioni per sostenersi fino ad oggi.
Per questo motivo, difendere la Soluzione Confederale Democratica come “terza via” contro lo status quo-ismo degli stati regionali e l’interventismo riprogettato delle potenze straniere, costituisce una responsabilità fondamentale per tutte e tutti noi, e supera i confini della Siria e del Medio Oriente.

Il sistema di autonomia democratica che si sta attualmente costruendo con la leadership delle donne nel Rojava e nel Nord della Siria, in tali condizioni di guerra e resistenza, è l’unico modello risolutivo che ha il potenziale per porre fine alle crisi, al caos, alle contraddizioni e ai conflitti che si sono sistematicamente riprodotti nella regione durante il secolo scorso. Non solo gli Stati-nazione che sono stati creati insieme ai confini disegnati artificialmente dopo la prima guerra mondiale non riflettono la composizione etnica, culturale, religiosa e sociale della regione, ma hanno anche mirato a far saltare in aria la nostra millenaria cultura della vita comune. Oggi, nel Nord della Siria, per la prima volta viene costruito un sistema basato sulla partecipazione paritaria e libera delle donne, sul pluralismo etnico e religioso e sulla democrazia partecipativa. Come alternativa democratica, questo modello pone una soluzione ai problemi obsoleti del Medio Oriente, contro i regimi maschili, sessisti, monistici, nazionalisti, settari, che sono stati alimentati dal sistema globale per decenni.

Questo è il motivo per cui lo Stato turco, che ha il secondo più grande esercito nella NATO, ha lanciato con tutta la sua forza un’operazione contro il Rojava, ad Afrin, nel Nord della Siria, il 20 gennaio 2018. Questo è anche il motivo per cui potenze straniere come USA, Russia e UE non stanno ostacolando gli attacchi militari ad Afrin. Perché in Afrin si costruisce un modello di società democratica che mette al centro la liberazione delle donne. La resistenza di Afrin rappresenta la rivolta delle donne contro la vita capitalista della modernità. Le città e i villaggi circostanti ad Afrin resistono al fascismo, alla misoginia, allo sradicamento dei valori culturali e all’inimicizia tra i popoli. Ed è chiaro che non è solo lo Stato turco e gli alleati delle bande islamiste reclutati che si scontrano con le unità di difesa femminile e popolare di Afrin: in un piccolo pezzo di geografia come Afrin, due sistemi mondiali, due ideologie, due progetti futuri si stanno battendo. Mentre uno è basato sulla liberazione, l’ecologia e il pluralismo delle donne, l’altro è fatto di misoginia, potere maschile, monismo, dominio e sfruttamento. Uno brilla con tutti i colori della vita, mentre l’altro rappresenta l’oscurità. Pertanto, è di vitale importanza e significativo per le donne del mondo rivendicare e difendere la crescente resistenza contro il fascismo ad Afrin. Poiché ciò che è sotto attacco e che viene difeso, sono valori universali della libertà delle donne. In questa occasione, come KJK, salutiamo e ci congratuliamo con le/i combattenti per la libertà, che assumono la guida della resistenza ad Afrin, e con il popolo di Afrin che difende eroicamente le sue terre dagli
invasori. Le donne e l’unità vinceranno. Il fascismo perderà.

Il processo rivoluzionario in Rojava e nel Nord della Siria mostra questa verità a tutte e tutti noi: le vere rivoluzioni devono essere rivoluzioni femminili. I tentativi rivoluzionari che non si basano sulla liberazione delle donne non hanno possibilità di successo. La ragione fondamentale dell’incapacità dei movimenti socialisti e rivoluzionari del ventesimo secolo di realizzare obiettivi desiderati nonostante i loro innumerevoli sacrifici, dedizione e programmi, è il fatto che non hanno messo la liberazione delle donne al centro delle loro lotte. La questione delle donne non è un problema secondario, bensì è alla base di tutte le altre questioni. Le donne sono la prima classe oppressa, asservita, sfruttata, colonizzata e dominata. Tutte le altre forme di sfruttamento iniziano dopo lo sfruttamento delle donne. Per questo motivo, condurre una lotta efficace contro il sistema egemonico sarà possibile solo nel quadro di una forte ideologia e programma di liberazione, in cui l’organizzazione autonoma e separata delle donne gioca un ruolo attivo. La nostra esperienza di lotta ideologica e pratica trentennale come Movimento per la libertà delle donne del Kurdistan ci mostra questo.

Care donne, care compagne, il seme del sistema globale basato sulla modernità capitalista si trova in Medio Oriente, in particolare in Mesopotamia. È in questa regione che l’attuale crisi sistemica si mostra direttamente, così com’è. Ma poiché la crisi del sistema mondiale patriarcale-capitalista ha una qualità globale, non esiste terra risparmiata dal sentire questa crisi, nessun lago, montagna o fiume lasciato intatto, nessuna società che non sia stata influenzata dai tentativi di dominio. Tuttavia, quelle più colpite dalla crisi sono le donne. E ciò è direttamente connesso al carattere sessista della modernità capitalista. Il sistema sta cercando di superare la crisi sfruttando e abusando delle donne in modo ideologico e materiale ancora più forte, e così cerca di garantire la sua esistenza.

Contro le affermazioni comuni, il liberalismo, come una delle ideologie fondamentali dello Stato-nazione, non ha portato alcun contributo positivo alla liberazione e all’uguaglianza delle donne. Al contrario, è proprio in quest’epoca liberale che il sessismo è stato rafforzato e usato come elemento
ideologico. È una grande bugia che il liberalismo libera le donne. La mercificazione della donna, in tutto il suo corpo, personalità e anima, costituisce la forma più pericolosa di schiavitù.
In questo contesto, la modernità capitalista costituisce il più alto stadio del sistema patriarcale. In nessun punto della storia della civilizzazione le donne sono state soggette allo sfruttamento tanto quanto lo sono state nell’era della modernità capitalista. Dalla prospettiva delle donne, esiste una
colonizzazione che è aumentata di mille volte nella sua profondità e nei suoi scopi. Il sessismo nella società dello stato-nazione mentre assegna all’uomo il massimo potere ha trasformato la società nella colonia più inferiore attraverso la figura della donna. In questa dimensione, nella storia della civilizzazione in generale e nella modernità capitalista in particolare, la donna è nella posizione di essere la più vecchia e la più nuova nazione colonizzata. Dalla prospettiva del sistema egemonico una ragione per quest’insostenibile crisi è la colonizzazione delle donne.
Le donne e la liberazione delle donne costituisce il fondamentale potere che si oppone al sistema patriarcale e capitalista mondiale. Al cuore di tutte le forme di potere, di egemonia, di sfruttamento, di saccheggio, di schiavitù, di violenza, e di oppressione che il sistema stesso crea in sé si basa sulla
dominazione della donna. La schiavitù e la proprietà imposte sulle donne passo dopo passo si diffondono complessivamente nell’intera società. Questo è il motivo per cui la lotta di liberazione delle donne, tra tutte le lotte anti-sistema ha la più grande forza di scuotere dalle fondamenta il
sistema del maschio egemonico. E, di fatto, è questa dinamica che disvela la crisi che il sistema sperimenta. Come donne, dobbiamo vedere chiaramente la forza che possediamo e gli effetti che creiamo.
In questo senso, l’aumento massivo della violenza e degli attacchi contro le donne in tutto il mondo è direttamente connesso a questa situazione di crisi e alla relazione tra il sistema mondiale patriarcale capitalista e la liberazione delle donne. Il sistema sessista basato sullo sfruttamento attacca la donna che pone la più grande sfida e pericolo al suo potere. Nei fatti parliamo di una guerra di aggressione sistematica. La forma di questa guerra di aggressione può differire al livello locale ma stiamo essenzialmente di fronte ad un fenomeno universale. Dobbiamo guardare alle connessioni tra gli stupri di gruppo in Asia e la violenza di genere negli Stati Uniti. Con un approccio olistico dobbiamo esaminare le uccisioni delle donne in Latinoamerica, che hanno raggiunto il livello di un massacro, come i rapimenti e la resa in schiavitù di donne e ragazze da bande, mascherate come religiose, in Africa e in Medio Oriente. Dobbiamo analizzare insieme la crescita del fascismo, i regimi misogini e i loro attacchi ai diritti ottenuti dalle donne come risultato delle loro lotte. E dobbiamo essere profondamente consapevoli del fatto che questa guerra, guidata dal sistema patriarcale su scala globale, sta cercando di soffocare la ricerca e le lotte di liberazione delle donne.

Per questo, probabilmente, il sistema maschile dominante non è mai stato così tanto messo sotto pressione nella storia della civilizzazione. Le sue fondamenta non sono mai state scosse fino a questo punto. Analogamente, dalla prospettiva delle donne, le condizioni per assicurare la liberazione non sono mai state così mature. Le possibilità di realizzare la seconda grande rivoluzione delle donne non ha mai raggiunto questo stadio. Questo è il motivo per cui stiamo attraversando un periodo storico. Ci sono dunque grandi opportunità, ma anche i pericoli sono altrettanto grandi.
Se questo è il caso, cosa dobbiamo fare, se vogliamo confrontare questi pericoli e effettivamente valutare le possibilità per assicurare la liberazione delle donne e attraverso questa la liberazione di tutta la società? Come possiamo difendere noi stesse dai crescenti attacchi del sistema? In questo
caso, l’autodifesa non va intesa in senso passivo. E’ necessaria un’autodifesa attiva. La più grande e la più efficace forma di autodifesa è creare una vita libera e stritolare le vene del sistema dominante maschile. Dobbiamo rendere la nostra vita insostenibile per il sistema, non il contrario. Ma perchè
questo possa succedere dobbiamo portare avanti una lotta ad un livello più alto. Su scala globale, la lotta di liberazione delle donne ha creato un forte fondamento in entrambe le dimensioni teoretica e pratica. Ma ora è il momento di mettersi in marcia. Come Movimento di Liberazione delle donne del Kurdistan siamo state impegnate in una grande lotta per più di 30 anni per approfondire l’ideologia di liberazione della donna, per rivelare la forza
di autodifesa e la coscienza delle donne e per assicurare alle donne una equa e libera partecipazione nell’ambito della politica, per superare il sessismo in tutte le sfere della vita e per accelerare la libertà delle donne. All’interno di questo cammino abbiamo sempre compreso l’enorme importanza e
senso di condividere i nostri risultati e conclusioni con tutte le donne del mondo. E ora, con grande entusiasmo, gioia e determinazione per trasformare il 21 secolo nell’era della donna liberata, per portare alla seconda grande rivoluzione delle donne, noi miriamo di essere all’altezza della missione
del movimento universale di liberazione delle donne.
Care donne, è assolutamente essenziale che ci organizziamo ad un livello universale per creare un sistema di donne globale e equo contro il sistema mondiale capitalista sessista e patriarcale. Una tattica cruciale del sistema egemonico è la divisione. La nostra forza, tuttavia, deriva dall’unità. Senza
rigettare le differenze tra noi, mentre proteggiamo le nostre particolarità e i nostri colori, non c’è nulla che – se non come un mosaico, allora come un artefatto di marmo – il movimento globale di liberazione delle donne non possa raggiungere. Perché questo possa accadere, dobbiamo sviluppare
alleanze democratiche tra donne. Dobbiamo sviluppare modi, metodi, e prospettive appropriate alle condizioni, secondo le caratteristiche e le necessità del ventunesimo secolo. Essenzialmente, dobbiamo tutte insieme sviluppare per il ventunesimo secolo il programma di liberazione delle donne.

Come movimento di liberazione delle donne del Kurdistan noi dobbiamo lo sviluppo della nostra rivoluzione come una rivoluzione di donne al nostro leader Abdullah Ocalan, che 19 anni fa è stato rapito all’interno di una cospirazione della organizzazione di bande maschile e statale chiamata
NATO ed è ancora in ostaggio in Turchia in condizioni di isolamento che non hanno precedente storico.

È il sistema di analisi di Ocalan, le sue prospettive di liberazione, la sua trasformazione personale, i suoi sforzi senza fine per lo sviluppo del movimento per la liberazione della donna che mettono insieme la forza che sta dietro queste dinamiche che ora ispirano persone in tutto il mondo. Il suo essere rinchiuso in una prigione in un’isola negli ultimi 19 anni e il suo completo isolamento dal mondo esterno negli ultimi quasi tre anni sono connessi all’influenza delle sue idee. Però i pensieri non possono essere isolati; gli spiriti liberi non possono essere tenuti in ostaggio. Il seguente estratto dalle prospettive di Ocalan, sviluppato in condizioni di isolamento carcerario, è illuminante sotto la prospettiva di una lotta universale di liberazione delle donne:

“Senza dubbio, la denuncia della situazione della donna è una dimensione del problema. Ma quello
che è più importante riguarda la questione della liberazione. In altre parole, la soluzione del
problema ha un’importanza molto più grande. Si dice spesso che il livello di libertà generale della
società si può misurare dalla libertà delle donne. È corretto e importante considerare come si possa
riempire questa affermazione. La liberazione delle donne e l’uguaglianza non semplicemente
determina la libertà ed uguaglianza della società. Per questo sono necessari la teoria, programmi,
organizzazioni, e pianificazione di azioni. Più importante, mostra che non possono esserci politiche
democratiche senza le donne e inoltre che, nei fatti, la politica di classe rimarrà inadeguata, e natura
e pace non possono essere sviluppate e protette.”

 

Come movimento di liberazione delle donne curde, in occasione dell’8 marzo 2018, lanciamo un appello alle donne del mondo: mettiamoci assieme e assieme sviluppiamo la necessaria teoria, programmi, organizzazione, e piani di azione per la liberazione della donna. Con la coscienza che solo una lotta organizzata può portarci risultati, aumentiamo l’organizzazione in tutte le sfere della vita. Collettivizziamo le nostre coscienze, forza di analisi, esperienze di lotta, e prospettive per creare le nostre alleanze democratiche. Non lottiamo le une separate dalle altre – lottiamo assieme.
E, lungo il percorso, trasformiamo il ventunesimo secolo nell’era della liberazione della donna!
Perché questo è esattamente il momento giusto! È il momento per la rivoluzione delle donne!
Afrin è ovunque, e ovunque è resistenza!

Evviva la lotta universale di liberazione delle donne!
Jin, jiyan, azadi! Donne, vita, libertà!
8 marzo 2018
Komalên Jinên Kurdistan (KJK)

Detailed document about women in Afrin, victims of Turkish attacks

Turkey claims that its war against Afrin is a war on terrorism, but in fact the civilians are the real victims of its illegal war. Women and children have been the most
targeted people by Turkish airstrikes and rockets. This report will prove that civilians especially women are the victims of Turkish attacks. women’s loss specially mothers who are the basic stones in families, mean a serious loss in the society itself even the land itself. This report will consider victimized women from 20\1\2018 to 18\2\2018, it is also attached with photos of some women, unfortunately, we couldn’t get all photos due to difficulties at recognizing the bodies of women martyrs .

The number of victimized women have reached ( 61 ) from them ( 44 ) wounded and ( 17 ) martyrs.
In Bilbileh district numbers of victimized women due to Turkish attacks were ( 5) wounded:

1.Mema Resho 74 years, a mother got a fragment in her knees in 31\1\2018.

2.Ameena Khalil Horo 70 years , a mother got shot in her forehead in 5\2\2018
When Turkish shells targeted Kutana village.
3.Zeynab Ahmed 70 years , a mother got shot in her feet in 13\2\2018. her husband
Khalil Ahmed got injuries in his head and feet due to Turkish attacks on Sherqiya
village.

 

4.Ameena Noury Rasheed 42 years, a mother got injuries in her shoulders and head
in 15\2\2018.
5.Na’yema Mohemmed Shukry 58 years, a mother got bruising in all her body in
15\2\2018.
In Jendyras district numbers of victimized women in Turkish attacks have reached (
15 ) women among them ( 12 ) wounded and ( 3 ) martyrs:
The wounded are:
1.Baseema Mohemmed Ba’jo 32 years a mother got minor injury in 23\1\2018.
2.Zeynab Yousef 55 years , a mother got injuries in her head in 23\1\2018.
3.Silva E’ad 30 years got psychological shock in 21\1\2018.
4.Nazeera Haj Mahmoud 50 years , a mother got her left thigh broken in 23\1\2018.
5.Seepan Ali 24 years, a young woman got psychological shock in 24\1\2018.
6.Sherevan Amin 32 years got shot in her left foot in 24\1\2018.
7.Wadeh Ahmed Shawak 65 years a mother got bad injuries in her cheek in
26\1\2018.
8.Feeda’ Ali 22 years, a young woman got bruising n all her body in 27\1\2018
9.Merkan E’ad 21 years , a young woman got shot in25\1\2018.
10.Arin Hesen 33 years , got injuries in her head in 23\1\2018.

 

11.Ameena Khalil 50 years , a mother got a fragment in her leg and injuries in her
nose in 23\1\2018. It is worth to mention that her fourteen-year old son got
martyred in the same incident.

12.Debah Ahmed 35 years, got a sniper’s shot in her thigh in 9\2\2018. In Dier Belut
but her misery did not stop there because her twins Mehmoud Beder Dirmosh got
injuries in his head and Mustafa Beder Dirmosh ( 10 years old ) got shot in his
ureter.

The women martyrs are:
1.Almazeh Shieko Horo 50 years got martyred in 23\1\2018.
2.Houriya Abd Alhameed Al hejras 45 years got martyred in 13\2\2018

3. unknown woman 55 years got martyred in 23\1\2018.
4.Sewsan Jamil 35 years got martyred in 22\1\2018 in Tel Silor village leaving her son
Mohemmed Jamil Sulieman orphan with injuries in his leg , too.
In Rajo district numbers of victimized women have reached ( 7 ).
The wounded are:
1.Rouhev 22 years got bruising in her body in 21\1\2018.
2.Deryan Mohemmed Seedo 20 years got injuries in her jest and ankle in 21\1\2018.
3.Rouyedah Ibesh 23 years got psychological shock in 29\1\2018.
4.Zahra Ahmed Al Dourzy 26 years , a journalist for France Press channel got bruising
in her body in 30\1\2018.
5.Medineh Abdo Husien 55 years , a mother got her lower limps cut in 30\1\2018.
Form Huseh village. She was trying to save her injuried husband Mohemmed
Rasheed Ali as they were on their way to the hospital, when another shell hit their
car leading to husband’s left leg loss and Naseeb Rasheed the husband’s brother had
his wrist cut.

The martyrs are:
1.Avin Azad in the twentieth got martyred in 21\1\2018.

2.Shemsa Mousa 75 years got martyred in 23\1\2018.she got martyred within ten
days after she suffered a lot. Her story did not end here, her eight-year old son
Shiyar Kwans and her daughter Henifa Kwans sixteen years old had memory lose and

 

 

In Shera district numbers of victimized women have reached to three wounded
women are:
1. unknown woman got injuries in her face in 21\1\2018.
2. Fikret Ali Hesen 51 years, a mother got a fragment in her right leg in
17\2\2018.from Gubelak Village. It was not enough for her to change her
place twice once from Aljeya village to Rajo and then from Rajo to Gubelek.
Because of Turkish attacks she was injuried and her children are homeless.

3. Jeylan Mohemmed 30 years , a mother who was kidnaped with her husband Mohemmed Kedro by Turkish gangs and jihadist. After two days of beating and torturing they let them go. They were taken to the hospital she got injuries in her leg and her husband was shot in his belly.
In Sherwa district numbers of victimized women have reached to ( 6 ) due to Turkish attacks.
There is one wounded woman called Bedriya Abd Allah Keno 18 years got a fragment in her right leg and not to forget that Keno’s family had a massacre by the
Turkish airstrikes. Keno family of 25 people were IDPs in Gubeleh village.

The martyrs are:
2.Jouriyah Keno 45 years, a mother got martyred in 28\1\2018.
3.Rewan Al Asswad 20 years got martyred in 28\1\2018.

4.Fatemah Abd Rebo 40 years a, a mother got martyred in 21\1\2018.

5.Unknown woman 30 years got martyred in 21\1\2018.
6.Rehef Al Hussien 33 years , a mother got martyred in 21\1\2018.
It is worthy to mention that Jouriyah , Rewan and Fatemah Abd Rebo are from the
same family ( keno family ) who were masscered by the Turkish airstricks.
As for Rehef and unknown women they are from one family who were IDPs from
Idileb came to Afrin to look for better life. In this massacre 24 people person were
victims 11 martyrs , 7 wounded and 5 missing people.

In Shiyeh numbers of victimized women have reached to 16 due to Turkish attacks.
The wounded are:

1.Asya Shieck Murad 70 years , a mother got injuries in her head in 23\1\2018.
2.Fayrouz in her twentieth got injuries in her back in 21\1\2018.
3.Henan Alan 20 years got shot in her thigh in 21\1\2018.
4.Kajeen Shieck Mohammed in her twentieth got bruising in her left foot in
21\1\2018.
5.Faridah Shieck Mohemmed in her twentieth got bruising in her left foot in
21\1\2018.
6.Zieynab Hemgoleno 40 years , a mother got injuries in her head in 21\1\2018.
7.Zarifa Beyram Gezo 34 years , a mother got bruising in her foot in 3\2\1018. Her
son Ahmed Mohemmed Keljeko 7 years old got injuries in his head.
8.Fatemah Jameel Mustafa 55 years , a mother got injuries in her face, hand and and foot in 3\2\2018. In Gekhala village . in this incident her husband Mohemmed
Ahmed got injuries in his face, leg and his hand was broken and her daughter Heva Mohemmed 16 years old got injury in his wrist.

9.Ameena Sa’ed Khlolink 46 years got shot in her side in 9\2\2018.

10.Laila Mustefa Mustefa 45 years , a mother got a fragment in her neck in
13\2\2018. In Hekija village. She and her daughter Samer Mohemmed 21 years old
got a fragment in his upper limbes and her uncle’s wife Fahema Hemade got
martyred.

The martyrs are:
1.Amara Ali 21 years got martyred in 21\1\2018 after sever wounds.
2.Melek Alosh 25 years got martyred in 16\1\2018.
3.Fatemah Hesen 26 years got martyred in 16\2\2018.

4.Fehima Hemeda 45 years , a mother got martyred in 13\2\2018.

5.Houriyah Abed Al Hameed Al Hejras 45 years , a mother got martyred in 13\2\2018
in Hekja village.

In Mobatah district numbers of victimized women have reached (3 ) due to Turkish
attacks.

The wounded are:
1.Unknown woman in her twentieth got big psychological shock in 21\1\2018.
2.Safa Taha Al Khetre 19 years got bruising and minor injuries in 26\1\2018. Al Kheter family who were 7 members all lost in a terrible massacre by Turkish airstikes
while they were sleeping. This family came from Til Kirah to Mobeta for better life did not know that they will be victims of Turkish attacks.

The martyr is:
1.Ameena Mustafa Al Khetre 40 years, a mother got martyred in 26\1\2018.
As for Afrin city and surrounding towns numbers of victimized women have reached
to ( 6 ) women due to Turkish attacks.
The wounded are:
1.Viyan Rasheed in her twentieth got psychological shock in 21\1\2018.

2.Salwa Mohemmed Meho 35 years got psychological shock in 23\1\2018.
3.Gulah Mohemmed Khalil 40 years, a mother got bruising in all her body in
31\1\2018. Her family who already ran away from Turkish fires in Jelmah town to
take a shelter in one of the building’s basement in Turendah village.
4.Halema Ahmed Menkawy 70 years, a mother got injuries in her head in 31\1\2018.
5.Ameena Abd Allah Feraj 50 years , a mother got injuries in her thigh.
6.Nezhet Mhemmed Mohemmed 50 years got bruising in all her body in 31\1\2018.

The martyr is:
1.Ameena Shaheen 50 years , a mother whose heart stopped because of the great shock she got during Turkish airstrikes against Afrin in 9\2\2018.

At the end of this report we assure that attacking women and children is a war crime that the international laws punish and forbid. Some women are in critical medical situations especially who lost their limbs, sides or have psychological shocks. As for the mothers who got martyred and their children have become orphans, it is enough to ask who is going to compensate them from the suffering caused by Turkish government to their families after they lost their lives and have become war victims unjustly?