Il KJK esprime solidarietà alle donne e ai popoli afghani

In quanto donne del Kurdistan, chiediamo a tutte le donne, specialmente le donne del Medio Oriente, di schierarsi in solidarietà con le nostre sorelle in Afghanistan, di amplificare le loro voci e di difendere le loro vite, conquiste e sogni.

Il Comitato per le relazioni e le alleanze democratiche del KJK (Comunità delle Donne del Kurdistan) ha rilasciato un comunicato lunedì esprimendo solidarietà alle donne e ai popoli in Afghanistan. Il comunicato è il seguente:

“In Afghanistan, che per decenni è stato il teatro di guerre “proxy” [per procura, si intende tra attori che agiscono per conto d’altri, ndt], il potere è stato lasciato in mano ai misogini Talebani come risultato di sporche politiche delle potenze globali egemoni. Questa situazione, che ha causato grande rabbia e frustrazione tra le donne e i popoli in Afghanistan e in tutto il mondo, ha rivelato ancora una volta la seguente verità: non c’è altro potere su cui possiamo contare oltre all’auto-potere, all’autorganizzazione e all’autodifesa. Ciò che è accaduto in Afghanistan ieri ha messo in mostra molto chiaramente l’ipocrisia degli Stati occidentali. Le potenze NATO hanno chiaramente dimostrato che, per loro, valori come la democrazia, la libertà e i diritti delle donne erano meramente strumenti per trovare una scusa per le loro sporche politiche. Quelli che hanno cercato di legittimare la loro occupazione con “i diritti delle donne” vent’anni fa ora lasciano le vite di milioni di donne alla mercé dei Talebani. 

Quelli che hanno lasciato in mano oggi l’Afghanistan ai Talebani e quelli che hanno lasciato occupare Afrin, Serêkaniyê, Girê Spî alla Repubblica Turca ieri sono le stesse potenze. Quelli che hanno dato via libera all’invasione turca del Rojava e della Siria del Nord-Est ieri, ripetono lo stesso scenario oggi in Afghanistan. Dalla prospettiva dei popoli, e specialmente delle donne, non c’è molta differenza tra quelli che sono al potere, come risultato di affari sporchi.

Dicendo “non abbiamo niente contro le credenze dei Talebani”, Erdogan, il capo del regime fascista turco, ha ammesso che condividono la stessa mentalità. Infatti, il piano degli USA di lasciare il controllo dell’aeroporto di Kabul in mano alla Repubblica Turca deve essere concepito all’interno di questa cornice. Lasciare il controllo dell’aeroporto in mano a Erdogan deve essere visto come un ulteriore passo per rafforzare la Turchia, che gestisce la sua politica attraverso l’organizzazione tra bande. Questo è un’enorme minaccia e pericolo per i popoli e specialmente per le donne. 

Proprio come ad Afrin, dove sono state fondate le YPJ, che ispirano le donne da tutto il mondo, e dove oggi le donne sono sottomesse e uccise come risultato di politiche delle potenze egemoni globali, adesso anche le donne in Afghanistan si trovano di fronte alla stessa minaccia. Questo è prefigurato dall’aumento della violenza contro le donne nei mesi passati e dalle uccisioni di donne pioniere.

In quanto popolo e donne curde, sappiamo molto bene che l’unico modo per difendere la nostra esistenza e la nostra volontà contro le politiche imperialiste e coloniali delle potenze globali egemoni è attraverso l’organizzazione. Senza l’auto-potere, l’autorganizzazione e l’autodifesa, non sarà possibile costruire e mantenere una vita libera. Sia come popolo che come movimento, abbiamo avuto esperienza e ancora ne abbiamo in modo molto pesante di questa realtà. Il complotto internazionale contro il nostro leader Abdullah Ocalan il 15 febbraio del 1999 è l’esempio più concreto di ciò. Dalle occupazioni dell’ISIS in Rojava e in Bashûr (Kurdistan del Sud/iracheno), specialmente a Shengal e Kobanê, fino alle occupazioni turche qui, le politiche coloniali e genocide che affrontiamo sono basate sull’equilibrio di interessi del capitalismo globale.

Allo stesso modo, lasciare il controllo dell’Afghanistan in mano ai Talebani, nemici delle donne e dei popoli, è avvenuto in un contesto di interessi geostrategici perseguito dagli Stati occidentali, specialmente gli USA, nel Medio Oriente e in Asia centrale. Ancora una volta, vediamo che per le potenze in questione, i desideri, la volontà, i sogni, le speranze e gli sforzi dei popoli che vivono in queste terre non hanno nessuna importanza. Perché non soltanto oggettificano queste terre, che vedono soltanto dalla prospettiva del colonizzatore, ma anche tutte le persone che vivono in queste terre. Non c’è nulla che i perpetratori di queste politiche vecchie di vent’anni non farebbero per soddisfare i loro propri interessi. Questo è il motivo per cui cercare dei limiti, o qualsiasi umanità o genuinità nelle politiche degli Stati occidentali, non è neanche ingenuità, ma ignoranza. Quelli che dicevano di combattere i talebani per i propri interessi e che hanno sacrificato le vite di 200mila persone, oggi fanno affari sporchi con quelle stesse potenze come se niente fosse.

Durante gli anni di occupazione e di regime talebano, quelle che hanno combattuto e resistito di più per la democrazia reale, la libertà e una vita dignitosa sono state le donne. Nel periodo più difficile, nelle circostanze più difficili, le donne dell’Afghanistan hanno trovato modi per organizzarsi. Con la potenza e il supporto che diamo e la solidarietà e la difesa che dimostriamo come donne, abbiamo piena fiducia che esse rivolgeranno la loro resistenza non soltanto contro i talebani, ma contro tutte le potenze e le mentalità misogine. Dal Kurdistan all’Afghanistan, una vita libera e una democrazia reale saranno costruite sotto la guida di donne organizzate. In quanto donne del Kurdistan, oggi siamo con le donne e i popoli afghani proprio come lo eravamo ieri. Chiediamo a tutte le donne, specialmente le donne del Medio Oriente, di schierarsi in solidarietà con le nostre sorelle in Afghanistan, di amplificare le loro voci e di difendere le loro vite, conquiste e sogni. Rinforziamo le nostre alleanze tra donne contro queste potenze patriarcali e misogine!

Jin Jiyan Azadî [Donna, Vita, Libertà].”

Traduzione del comunicato del KJK pubblicato su ANF il 16 agosto 2021.

Il Primo Maggio è un giorno di lotta per tutti gli oppressi e ci unisce nella lotta per la liberazione

Facciamo germogliare in tutto il mondo i nostri semi di resistenza come i fiori più belli.

Traduciamo il comunicato di Women Defend Rojava (29 aprile 2021).

Il Primo Maggio seguiamo le orme di molte lotte anticoloniali, antirazziste, anticapitaliste e anti-patriarcali che sono anche le impronte di molte donne rivoluzionarie che hanno alzato le loro voci contro l’oppressione e lo sfruttamento e per una società liberata. Oggi alziamo la nostra voce in tutto il mondo.

In questo giorno, uniamoci nella nostra diversità e presentiamoci come una forza sulle strade di tutto il mondo, perché il Primo Maggio è un giorno di lotta per tutti gli oppressi ed è un simbolo delle lotte sociali. In tutto il mondo, non solo da oggi, è molto chiaro che noi donne siamo ovunque, che stiamo resistendo e che stiamo riprendendo la nostra libertà. Con le nostre lotte comuni supereremo il capitalismo e la politica femminicida degli stati nazionali.

Per noi donne questo giorno ha un significato importante, perché la nostra oppressione diventa particolarmente evidente quando si guarda alla situazione economica. Il leader Abdullah Öcalan analizza la schiavitù delle donne come l’origine delle relazioni di sfruttamento e della proprietà privata. Quest’analisi ci mostra una via nella lotta contro l’oppressione.

Il capitalismo sfrutta l’intera società, e in particolare le donne, e cerca di minare lo spirito collettivo e la solidarietà all’interno della società attraverso la sua mentalità patriarcale. Ma sappiamo anche che la resistenza della classe operaia è storica e la lotta per la giustizia non è persa. Questo è il giorno in cui il sistema patriarcale e capitalista trema, soprattutto perché si sta sgretolando e non potrà resistere per sempre.

La diffusione della lotta femminista è l’unica risposta alla situazione attuale. Perché una società può essere libera solo se lo sono anche le donne. Questo è il motivo per cui ci stiamo organizzando e stiamo sviluppando insieme idee su come costruire alternative nelle nostre società e porre fine a quella violenza patriarcale. Le nostre lotte si basano sulla costruzione di una prospettiva democratica, ecologica, che rispetti le donne, e che comprenda il riconoscimento e la salvaguardia della diversità dei popoli.

Le donne in particolare sono esposte all’oppressione in modi diversi in tutto il mondo e dobbiamo pensare alla sofferenza di tutte come la nostra stessa sofferenza. Non c’è luogo in cui vogliamo accettare la prosperità basata sullo sfruttamento delle nostre sorelle e sulla deprivazione dei loro habitat. Combattiamo per una vita senza patriarcato, classi e occupazione, per una vita libera e comunitaria. Per noi, la liberazione delle donne e di tutti gli oppressi nel mondo significa la fine del patriarcato e del capitalismo.

Dimostriamo che le nostre lotte non conoscono confini, che la nostra speranza di libertà non può essere distrutta e che se noi smettiamo di lavorare il mondo si ferma. Facciamo germogliare in tutto il mondo i nostri semi di resistenza come i fiori più belli.

Uniamoci come lavoratrici, come femministe, come oppresse e resistenti: la rivoluzione delle donne libererà l’umanità!

Inviamo saluti a tutte le lavoratrici e lavoratorə del mondo e auguriamo un rivoluzionario Primo Maggio!

Jin Jiyan Azadî.
Women Defend Rojava

IL TJA CONDANNA LA DECISIONE DI ERDOGAN

Il Movimento delle donne libere (TJA) condanna fortemente la decisione di Erdogan di ritirare la firma alla Convenzione di Istanbul, che tutela le donne contro la violenza.

COMUNICATO DEL TJA (Tevgera Jinên Azad, MOVIMENTO CURDO DELLE DONNE LIBERE)

Il Movimento delle donne libere (TJA) condanna fortemente la decisione di Erdogan di ritirare la firma alla Convenzione di Istanbul, che tutela le donne contro la violenza, ed è al fianco di tutte le donne che hanno riempito le piazze e di tutti gli insorti che hanno festeggiato il Newroz.

“ALLA STAMPA E ALL’OPINIONE PUBBLICA

ERAVAMO, SIAMO E SAREMO

Ricordiamo che il potere maschile ha alimentato la propria esistenza  sfruttando la violenza sulle donne e la distruzione dei diritti di tutti gli oppressi, ma c’è qualcosa che dimentica e non tiene in conto: che la storia delle donne e dei popoli oppressi, che resistono con la forza, con l’intelligenza e con le lotte, insegna che essi non permetteranno mai alla schiavitù di rimanere, come la mentalità dominante vorrebbe ancora oggi.

Le donne e gli uomini oppressi non hanno accettato l’alienazione, la resa e la cultura dello stupro e continueranno a resistere per tutta la loro esistenza, difendendosi da questa mentalità e sventolando la bandiera della libertà.

Le donne non hanno lasciato le piazze e le strade, dove risuona il loro slogan “EM XWE DIPAREZIN” (“Ci difendiamo”).

Sono le donne che affollano le strade e le piazze con il motto “La Convenzione di Istanbul ci tiene in vita”, contro l’annullamento illecito della Convenzione, preparata con grande impegno e diligenza, e sono le stesse donne e i prigionieri ribelli che espongono i loro corpi fino alla morte per rompere l’isolamento assoluto e garantire la propria libertà.

Queste donne ribelli salutano tutte le altre donne che hanno gridato “BIJÎ 8Ê
ADARÊ
” (“Viva l’8 marzo”) con grande entusiasmo e determinazione nelle piazze del mondo, con lo slogan “Difendiamo la vita dall’isolamento contro il massacro delle donne” l’8 marzo.

Commemoriamo con grande gratitudine coloro che furono un ponte di fuoco [si fa riferimento a chi si diede fuoco a Newroz, ndt], le Sema [nome di una martire per la libertà, ndt], che lottarono con grande sacrificio nella nostra storia per la libertà. Per difendere la propria esistenza, le donne di tutto il Kurdistan sollevano la bandiera della libertà e, in particolare, il fuoco del Newroz, che ricorda a tutte noi che siamo presenti come donne e giovani che salutano tutto il popolo della Turchia.

La resistenza è vita!

Viva il Newroz!

22.03.2021

Tevgera Jinên Azad (TJA)”

Non possono spezzare la libera volontà delle donne

L’uccisione di Saada al-Hermas e Hind al-Khedr fa parte di una serie di attacchi e minacce dell’ISIS nei confronti di membri e rappresentanti dell’Amministrazione Autonoma e delle tribù arabe della regione.

Femminicidi politici nei confronti di due attiviste locali

Traduciamo il dossier pubblicato il 10 febbraio 2021 in memoria di due compagne, Saada al-Hermas e Hind al-Khedr, uccise in un attacco mirato da parte dello Stato Islamico (ISIS) il 22 gennaio 2021 a Shadade, Heseke [Siria del Nord-Est].

Risponderemo con la resistenza! Organizzate, metteremo fine al femminicidio!
Şehîd namirin! – I/Le martiri non muoiono!

1. Che cosa è successo?

Il 22 gennaio 2021, a Shadade, nella regione di Heseke, le due politiche e attiviste locali Saada El-Hermas, co-presidente del consiglio comunale di Til El-Shayir, e Hind al-Khedr, sua vice e responsabile del comitato economico, sono state rapite e assassinate.

Secondo i vicini e le famiglie un gruppo di uomini armati sconosciuti e mascherati ha fatto incursione nelle loro case, la sera, entrando con la forza, poi ha abusato di loro e dei loro familiari e, con le armi, ha minacciato di uccidere le donne, le loro famiglie e i vicini. Infine, fingendo di essere membri dei servizi segreti, hanno rapito le due donne e le hanno portate in un luogo sconosciuto. Solo ore dopo, i corpi di Hind e Saada, che mostravano segni di tortura, sono stati trovati dai vicini a diversi chilometri dalle loro case, nel paesaggio desertico della zona di Dashisha, sulla strada principale di Shadade. 

Quasi 24 ore dopo il ritrovamento dei loro corpi, lo Stato Islamico (ISIS) ha rivendicato l’omicidio delle due donne.

L’uccisione di Saada al-Hermas e Hind al-Khedr fa parte di una serie di attacchi e minacce dell’ISIS nei confronti di membri e rappresentanti dell’Amministrazione Autonoma e delle tribù arabe della regione. Già prima del loro assassinio, entrambe le donne avevano ricevuto diverse minacce da parte dell’ISIS, ma non si sono lasciate intimidire. I corpi delle due donne sono stati sepolti senza funerale, a causa delle minacce dell’ISIS nei confronti delle famiglie. Queste minacce contro le famiglie, il loro ambiente e soprattutto contro altri rappresentanti dell’Amministrazione Autonoma non sono finite.

Anche se nel 2018 le ultime città sono state liberate dall’ISIS, nella regione sono ancora presenti cellule dormienti che vanno tenute sotto controllo. Con le loro strutture nascoste, formate in Iraq e in Siria, queste reti continuano i loro attacchi contro la popolazione. Soprattutto nelle regioni a maggioranza araba, come Shadade, che si trova vicino al confine tra Iraq e Siria, e poi a Deir ez-Zor, a Raqqa e ad Hama di recente gli attacchi e le aggressioni sono aumentati significativamente. L’intento è quello di mantenere la regione instabile, intimidire la popolazione della Siria settentrionale e orientale e metterla contro i progetti democratici che si stanno gradualmente costruendo nella regione, nonostante la situazione complessa.

Le uccisioni mirate di Hind e Saada sono dirette principalmente contro le attiviste che lavorano senza sosta per la liberazione delle donne e che costituiscono una forza trainante nella costruzione di una società auto-organizzata nella Siria settentrionale e orientale.

2. Chi sono le donne assassinate?

Hind al-Khedr è nata come Eslam Latif al-Khedr nella città di Til El-Shayir, nel distretto di Al-Dashisha a Heseke. Essendo la figlia più giovane, è cresciuta a Til El-Shayir e lì si è diplomata. Dopo aver divorziato, ha vissuto con la sua famiglia ed è stata una madre single di una figlia che ora ha 4 anni.

Era molto interessata e ha lavorato duramente per partecipare alle attività dell’Amministrazione Autonoma e fare così dei passi verso una società democratica. Questo lavoro l’ha portata a ritenere che la lotta per i diritti delle donne fosse particolarmente importante e ha focalizzato la sua attenzione nei confronti del movimento delle donne del Kongra Star.

La sua vita era instabile e segnata da molte contraddizioni ma, nonostante le sfide che si è trovata davanti, non si è mai arresa. Per responsabilità verso sua figlia, la sua famiglia, ma anche verso la società, a partire dal 22 gennaio 2020 ha iniziato a lavorare per il comitato economico in cui era molto impegnata; ha partecipato attivamente a tutte le attività e ha continuato a battersi per una società democratica e comunitaria. Era convinta di questo percorso, amava ciò che stava facendo e si impegnava a fondo per difendere i diritti delle donne e rafforzare l’amicizia tra le popolazioni curde e arabe. Le persone che la conoscevano la descrivono come una persona molto vivace e socievole, con uno spirito gioioso, che dava forza a chi le stava intorno. Il suo impegno ha impresso una svolta alla lotta delle donne per la loro liberazione e ha fatto capire che organizzandosi insieme le donne potevano trovare una via d’uscita dall’oscurità. L’omicidio di Hevrin Khalaf, nel 2019, l’ha molto colpita e ha rafforzato la sua volontà di continuare la lotta delle donne contro ogni tipo di comportamento maschilista e di dare voce alle donne.

Saada Feysel El-Hermas è nata a Til El-Shayir nel 1993 e proveniva dalla tribù Giheshi. Ha frequentato la scuola fino alla nona classe e poi si è sposata. Anche lei ha divorziato e in seguito ha cresciuto da sola i suoi due figli, uno di un anno e mezzo e l’altro di sei mesi.

Saada, come Hind, dava grande importanza alla lotta per i diritti delle donne e quindi si è messa in contatto diverse volte con il Kongra Star con il desiderio di lavorare con loro. Anche lei è entrata a far parte dell’Amministrazione Autonoma il 1° gennaio 2020 venendo eletta co-presidente del consiglio comunale di Til El-Shayir. Era molto impegnata nel suo lavoro e partecipava attivamente a qualsiasi attività e azione; ci teneva a essere coinvolta e cercava sempre di collegarsi alla vita reale delle persone. Le piaceva stare con gli altri ed era amichevole; con la sua lotta riusciva a dimostrare che le donne con la loro forza e volontà possono essere riconosciute.

Hind e Saada venivano dalla stessa città e hanno iniziato a lavorare nello stesso momento. Entrambe hanno mostrato, con la loro volontà e forza, il potere delle donne nella lotta per costruire una società libera e democratica, basata sulla liberazione delle donne.

3. Attacchi mirati contro le donne

L’assassinio delle due politiche locali Saada al-Hermas e Hind al-Khedr si somma a una serie di attacchi mirati e assassinii di donne nel nord e nell’est della Siria, esplicitamente diretti contro l’organizzazione autonoma delle donne e la rivoluzione femminile nel Rojava. Si tratta di un attacco mirato alle donne civili che hanno un ruolo preciso nella politica, che sono coinvolte in organizzazioni femminili e/o democratiche e che rompono con i tradizionali ruoli stabiliti dal patriarcato.

In questo contesto, l’assassinio mirato di due donne arabe che erano organizzate in strutture locali dell’Amministrazione Autonoma mira a intimidire e scoraggiare le donne dall’organizzarsi e lottare per i loro diritti. È un attacco diretto alle conquiste delle donne, che hanno fatto passi importanti all’interno della società grazie alla loro lotta contro i ruoli patriarcali tradizionali. Con il loro attivismo giocano un ruolo importante nella rivoluzione delle donne nel nord e nell’est della Siria e nella costruzione di una coesistenza democratica tra i popoli. Nel nord e nell’est della Siria la forza unitaria delle donne, la loro lotta comune e le loro alleanze forniscono una chiara alternativa al sistema oppressivo di dominazione maschile dell’ISIS, che cerca di dividere i popoli della regione per poterli governare.

La guerra continua e gli attacchi nei confronti delle donne, dei loro corpi, delle loro vite e della loro organizzazione, e specialmente le uccisioni mirate di donne organizzate, vogliono a mettere a tacere le voci coloro che resistono e si ribellano alla violenza oppressiva e sfidano il sistema dominante, cercando di costruire società democratiche basate sulla liberazione delle donne. Queste voci dimostrano chiaramente che le donne sono le pioniere e il motore nel processo di costruzione di una società democratica e auto-organizzata.

Ricordiamo Saada al-Hermas e Hind al-Khedr come donne che hanno dedicato la loro vita e tutto il loro attivismo alla lotta per una Siria democratica e pluralista e un Medio Oriente democratico, basato sulla liberazione e la libertà di tutte le donne. Loro ci mostrano che, unite e organizzate, stiamo facendo passi decisivi verso la costruzione di una nazione democratica.

Movimento delle Donne Kongra Star

A tre anni dall’occupazione di Afrin

Come movimento delle donne Kongra Star, promettiamo di rafforzare la nostra resistenza e la nostra lotta fino alla liberazione di Afrin, Girê Spî e Serêkaniyê, di proteggere le conquiste della rivoluzione delle donne e difendere la sicurezza del Rojava.

Traduciamo il comunicato del Kongra Star pubblicato il 19 gennaio 2021 in occasione del terzo anniversario dall’occupazione turca di Afrin.

Sono passati tre anni dall’attacco e dall’occupazione della regione di Afrin, la cui popolazione ha mostrato una resistenza senza precedenti e ha risposto a tutte le forme di violenza, dagli attacchi con armi pesanti ai bombardamenti dell’aviazione turca. Questa resistenza, che si è estesa dai villaggi circostanti fino al centro della città, è stata caratterizzata dalla fermezza dei/lle suoi/e combattenti, si è protratta per 58 giorni ed è stata segnata dalla lotta coraggiosa di martiri come Avesta Xabûr e Barîn Kobanê.

Lo Stato turco ha potuto occupare Afrin solo dopo aver utilizzato le armi più pesanti, decine di migliaia di mercenari jihadisti inquadrati nei ranghi del cosiddetto Esercito Siriano Libero e sotto la copertura e il silenzio della comunità internazionale. Proprio nel momento in cui gli interessi internazionali convergevano, portando a diversi accordi per dividere il territorio della Siria. Tutto questo è avvenuto a spese del popolo siriano che è stato costretto a fuggire dall’occupazione dopo aver subito violenze quali saccheggi, uccisioni, crimini di guerra, distruzione di luoghi antichi, abbattimento di alberi, sostituzioni demografiche, messa al bando della propria lingua madre, imposizione della lingua turca.

È noto che, prima dell’occupazione, Afrin era una delle zone più stabili e sicure, caratterizzata da diversità culturale e convivenza, oltre che un rifugio per gli/le sfollati/e siriani/e giunti/e lì per scappare dalla lunga guerra. Va detto che il progetto sociale dell’Amministrazione Autonoma [della Siria del Nord-Est] è stata una delle soluzioni migliori alla guerra in corso in Siria per eliminare ogni forma di razzismo e fondamentalismo religioso.

Lo Stato turco ha cercato con tutti i mezzi di sconfiggere il progetto democratico nella regione perché costituisce una minaccia per i regimi autoritari e dittatoriali della zona. Con l’invasione di Afrin e le atrocità che ne sono seguite lo Stato turco ha mostrato il suo vero volto. Perché dopo che lo Stato islamico (ISIS) è stato sconfitto dai/lle combattenti delle QSD/SDF [Quwwāt Sūriyā al-Dīmuqrāṭīya/Forze Siriane Democratiche], delle YPG e delle YPJ [Yekîneyên Parastina Gel/Jin – Unità di Protezione del Popolo e delle Donne], lo Stato turco si è mostrato come il principale sponsor dell’ISIS, con l’obiettivo di distruggere la nostra rivoluzione.

Ma lo Stato turco non è soddisfatto di questa occupazione e sta continuando a sferrare i suoi attacchi per distruggere il progetto di autonomia democratica occupando le zone di Serêkaniyê/Ras al-Ayn e Girê Spî/Tell Abyad e attaccando le regioni di Shehba, Ain Issa, Zirgan e Til Temir. Tutto questo sotto gli occhi del mondo e di quelle istituzioni e organizzazioni che dicono di impegnarsi per i diritti umani, ma sono rimaste in silenzio. Sono rimaste in silenzio e non hanno fatto nulla.

Condanniamo e denunciamo queste organizzazioni internazionali e quelle per i diritti umani che con il loro silenzio sostengono l’occupazione, il genocidio etnico e culturale sistematico che si sta portando avanti nella regione e la sostituzione demografica, lo sfollamento forzato e la violenza che subisce ogni giorno la popolazione di Afrin, contro la terra e le persone, estendendo così la minaccia alle altre regioni. Pertanto, chiediamo alle organizzazioni per i diritti umani di intervenire, di adempiere al loro dovere umanitario, di rispettare i diritti umani e di lavorare per porre fine all’occupazione e permettere così alla popolazione di Afrin di tornare a casa e garantire la sua sicurezza e la sua protezione.

Come movimento delle donne Kongra Star, promettiamo di rafforzare la nostra resistenza e la nostra lotta fino alla liberazione di Afrin, Girê Spî e Serêkaniyê, di proteggere le conquiste della rivoluzione delle donne e difendere la sicurezza del Rojava, di seguire le orme dei/lle martiri, di procedere nel loro percorso e di continuare a costruire il progetto di nazione democratica e vivere in comunione con tutte le società presenti nella regione.

Coordinamento del Kongra Star
19 gennaio 2021